La c.d. “Rivoluzione digitale” può contribuire alla realizzazione di numerosi goal dell’Agenda 2030: promozione della salute e del benessere, sviluppo urbano e città sostenibili, accesso all’istruzione.
Occorre però valutare l’impatto della trasformazione digitale sul mondo del lavoro, soppesando rischi e benefici, per garantire che la digital-economy sia compatibile con un modello di Europa aperto, sostenibile, centrato sulle persone.
Il business sostenibile integra sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Non si tratta, solo, di fornire soluzione alla crisi ambientale, ma anche di costruire modelli di business che mettano al centro la persona, perseguendo l’uguaglianza e producendo beni o servizi in grado di migliorare la qualità della vita.
Molte imprese – non solo grandi- ma anche piccole o micro stanno integrando la sostenibilità ad ampio raggio nei loro processi aziendali.
La sfida ambientale impone il progressivo abbandono dei combustibili fossili, per far spazio alle fonti di energia alternative. Secondo l’Aie (Agenzia Internazionale dell’Energia), entro il 2040, il 40% della domanda di energia sarà soddisfatta dalle energie rinnovabili, in particolare da quella eolica e solare.
Quali sono le energie alternative del futuro? In quali settori potranno essere utilizzate proficuamente nei prossimi anni?
La c.d. “Rivoluzione digitale” può contribuire alla realizzazione di numerosi goal dell’Agenda 2030: promozione della salute e del benessere, sviluppo urbano e città sostenibili, accesso all’istruzione.
Occorre però valutare l’impatto della trasformazione digitale sul mondo del lavoro, soppesando rischi e benefici, per garantire che la digital-economy sia compatibile con un modello di Europa aperto, sostenibile, centrato sulle persone.
Il business sostenibile integra sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Non si tratta, solo, di fornire soluzione alla crisi ambientale, ma anche di costruire modelli di business che mettano al centro la persona, perseguendo l’uguaglianza e producendo beni o servizi in grado di migliorare la qualità della vita.
Molte imprese – non solo grandi- ma anche piccole o micro stanno integrando la sostenibilità ad ampio raggio nei loro processi aziendali.
Il 10 settembre 2021 vedremo modelli ed esempi di business sostenibile.
La sfida ambientale impone il progressivo abbandono dei combustibili fossili, per far spazio alle fonti di energia alternative. Secondo l’Aie (Agenzia Internazionale dell’Energia), entro il 2040, il 40% della domanda di energia sarà soddisfatta dalle energie rinnovabili, in particolare da quella eolica e solare.
Quali sono le energie alternative del futuro? In quali settori potranno essere utilizzate proficuamente nei prossimi anni?
Ne parleremo il 10 settembre.
L’incremento dell’efficienza energetica degli edifici e dei sistemi impiantistici è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi europei.
Quando un sistema può essere definito energeticamente più efficiente di un altro?
La definizione di efficienza energetica esprime la capacità di un sistema di ottimizzare i risultati attraverso il minor consumo di energia possibile, eliminando sprechi e perdite, attraverso uno sfruttamento razionale.
Anche il design ha una “coscienza ecologica” e si pone domande su come contribuire alla tutela ambientale.
Secondo Giovanni Klaus Koenig (Dxxesign. Rivoluzione, evoluzione o involuzione?, Ottagono, 1983, 68) il vero design è quello in cui “agiscono forti interazioni fra scoperta scientifica, applicazione tecnologica, buon disegno ed effetto sociale positivo”.
Quali sono, dunque, principi e strumenti perché il design si plasmi secondo gli obiettivi di tutela ambientale?
La città smart ha alcune caratteristiche fondamentali: applica i vantaggi derivanti dalle opportunità offerte dalle tecnologie (smart economy); presuppone un forte coinvolgimento e partecipazione della collettività (smart people); adotta modelli di governo che valorizzano il bene comune (smart governance); si basa su sistemi di mobilità intelligenti e sostenibili (smart mobility) ed è incentrata sugli obiettivi di sostenibilità e qualità della vita (smart environment, smart living).
In concreto, quali forme può assumere tale modello ideale?
L’incremento dell’efficienza energetica degli edifici e dei sistemi impiantistici è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi europei.
Quando un sistema può essere definito energeticamente più efficiente di un altro?
La definizione di efficienza energetica esprime la capacità di un sistema di ottimizzare i risultati attraverso il minor consumo di energia possibile, eliminando sprechi e perdite, attraverso uno sfruttamento razionale.
Anche il design ha una “coscienza ecologica” e si pone domande su come contribuire alla tutela ambientale.
Secondo Giovanni Klaus Koenig (Dxxesign. Rivoluzione, evoluzione o involuzione?, Ottagono, 1983, 68) il vero design è quello in cui “agiscono forti interazioni fra scoperta scientifica, applicazione tecnologica, buon disegno ed effetto sociale positivo”.
Quali sono, dunque, principi e strumenti perché il design si plasmi secondo gli obiettivi di tutela ambientale?
La città smart ha alcune caratteristiche fondamentali: applica i vantaggi derivanti dalle opportunità offerte dalle tecnologie (smart economy); presuppone un forte coinvolgimento e partecipazione della collettività (smart people); adotta modelli di governo che valorizzano il bene comune (smart governance); si basa su sistemi di mobilità intelligenti e sostenibili (smart mobility) ed è incentrata sugli obiettivi di sostenibilità e qualità della vita (smart environment, smart living).
In concreto, quali forme può assumere tale modello ideale?
I trasporti sono responsabili di gran parte delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE e contribuiscono in larga misura ai cambiamenti climatici. Ciononostante, il settore è tra i più “resistenti” al cambiamento, e rimane responsabile di oltre un quarto delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE.
Numerosi sono gli studi e le ricerche sulle potenzialità di riduzione delle emissioni nei trasporti in Italia … ma a che punto siamo?
La logistica sostenibile propone soluzioni di trasporto, consegna e riciclo delle merci rispettose dell’ambiente, con l’obiettivo di realizzare una catena del valore che includa la sfida ambientale (riduzione degli sprechi e ottimizzazione dei consumi) ed i problemi di mobilità.
Ciò impone la realizzazione di infrastrutture adeguate ed efficienti in un’ottica di collaborazione tra imprese e Pubblica Amministrazione.
Mentre nel contesto nord- europeo la green logistics è all’avanguardia, in Italia stenta a decollare. Quali sono gli ostacoli, i progetti e le opportunità?
La sharing economy può contribuire allo sviluppo dell’economica circolare. Mettendo a disposizione piattaforme che consentono il contatto tra domanda ed offerta di prodotti, ne favorisce l’utilizzo e il ri-utilizzo, consentendo l’accesso condiviso.
La rivoluzione digitale, nonché la terza rivoluzione industriale che stiamo vivendo, ha sensibilmente inciso sul mercato e le sue trasformazioni: la cosiddetta “economia della condivisione” è in espansione contaminando tutti i settori, tra cui anche la mobilità.
Secondo l’OCSE, l’uso di diversi servizi di mobilità condivisa integrati tra loro riduce le percorrenze dei veicoli privati, di tutti gli impatti connessi, e consente un diverso utilizzo dello spazio stradale normalmente utilizzato per la sosta.
Come ha inciso la crisi pandemica sulla diffusione dei modelli di sharing mobility?
I trasporti sono responsabili di gran parte delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE e contribuiscono in larga misura ai cambiamenti climatici. Ciononostante, il settore è tra i più “resistenti” al cambiamento, e rimane responsabile di oltre un quarto delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE.
Numerosi sono gli studi e le ricerche sulle potenzialità di riduzione delle emissioni nei trasporti in Italia … ma a che punto siamo?
La logistica sostenibile propone soluzioni di trasporto, consegna e riciclo delle merci rispettose dell’ambiente, con l’obiettivo di realizzare una catena del valore che includa la sfida ambientale (riduzione degli sprechi e ottimizzazione dei consumi) ed i problemi di mobilità.
Ciò impone la realizzazione di infrastrutture adeguate ed efficienti in un’ottica di collaborazione tra imprese e Pubblica Amministrazione.
Mentre nel contesto nord- europeo la green logistics è all’avanguardia, in Italia stenta a decollare. Quali sono gli ostacoli, i progetti e le opportunità?
La sharing economy può contribuire allo sviluppo dell’economica circolare. Mettendo a disposizione piattaforme che consentono il contatto tra domanda ed offerta di prodotti, ne favorisce l’utilizzo e il ri-utilizzo, consentendo l’accesso condiviso.
La rivoluzione digitale, nonché la terza rivoluzione industriale che stiamo vivendo, ha sensibilmente inciso sul mercato e le sue trasformazioni: la cosiddetta “economia della condivisione” è in espansione contaminando tutti i settori, tra cui anche la mobilità.
Secondo l’OCSE, l’uso di diversi servizi di mobilità condivisa integrati tra loro riduce le percorrenze dei veicoli privati, di tutti gli impatti connessi, e consente un diverso utilizzo dello spazio stradale normalmente utilizzato per la sosta.
Come ha inciso la crisi pandemica sulla diffusione dei modelli di sharing mobility?
Il turismo sostenibile è proiettato verso il futuro: le risorse sono gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i sistemi di vita dell’area in questione (OMT).
L’obiettivo è quello di coniugare la conoscenza delle culture e delle tradizioni locali con il rispetto dell’ambiente, dei territori e delle popolazioni ospitanti, realizzando uno sviluppo economico durevole.
Insomma un’opportunità per il presente, con lo sguardo rivolto al futuro.
La strategia nazionale delle Green Community potrebbe ricevere nuovo impulso dal Recovery Plan.
Il modello di sviluppo e di organizzazione comunitari dei territori rurali e di montagna, sfruttando in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono, può costituire un volano per il rilancio post Covid-19. La cornice normativa esiste da tempo, seppur inattuata.
Cosa si intende per “sviluppo sostenibile”? Se ne parla da anni e il binomio è più che mai di attualità, ritenuto la “chiave” del rilancio post Covid-19.
Molteplici sono le definizioni e le declinazioni dello “sviluppo” sostenibile: dalla salvaguardia ambientale all’accessibilità delle risorse, dalla resilienza delle infrastrutture alla rimozione delle disuguaglianze.
Il turismo sostenibile è proiettato verso il futuro: le risorse sono gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i sistemi di vita dell’area in questione (OMT).
L’obiettivo è quello di coniugare la conoscenza delle culture e delle tradizioni locali con il rispetto dell’ambiente, dei territori e delle popolazioni ospitanti, realizzando uno sviluppo economico durevole.
Insomma un’opportunità per il presente, con lo sguardo rivolto al futuro.
La strategia nazionale delle Green Community potrebbe ricevere nuovo impulso dal Recovery Plan.
Il modello di sviluppo e di organizzazione comunitari dei territori rurali e di montagna, sfruttando in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono, può costituire un volano per il rilancio post Covid-19. La cornice normativa esiste da tempo, seppur inattuata.
Discuteremo di tali opportunità e prospettive durante il Convegno Economia Pulita.
Cosa si intende per “sviluppo sostenibile”? Se ne parla da anni e il binomio è più che mai di attualità, ritenuto la “chiave” del rilancio post Covid-19.
Molteplici sono le definizioni e le declinazioni dello “sviluppo” sostenibile: dalla salvaguardia ambientale all’accessibilità delle risorse, dalla resilienza delle infrastrutture alla rimozione delle disuguaglianze.
L’agricoltura subisce le conseguenze del cambiamento climatico, ma, al contempo, ne è responsabile, generando rilevanti quantità di gas clima-alteranti.
A livello nazionale ed internazionale, si riflette, dunque, sul possibile ruolo del settore agricolo nelle strategie di mitigazione e adattamento, guardando sia ai c.d. Paesi Sviluppati, sia a quelli in via di sviluppo.
La FAO ha sviluppato il concetto di “climate-smart agriculture” per accrescere in maniera sostenibile la produttività agricola e la resilienza alle pressioni ambientali, aiutando i coltivatori ad adattarsi al cambiamento climatico, riducendo altresì le emissioni di gas serra.
Come si possono ottenere tali risultati?
Numerosi sono gli studi e le ricerche sulla sostenibilità delle filiere agroalimentari legata alla distanza percorsa dalle produzioni agroalimentari, sia alla numerosità dei soggetti economici coinvolti.
Numerosi sono i modelli, dai GDO ai GAS, quali i pro e i contro?
Sembra che in Italia vangano sprecati mediamente 146 Kg di cibo all’anno per persona e oltre il 50% dello spreco avviene a livello domestico.
Le politiche di contrasto allo spreco alimentare, tra economica circolare ed economia sociale, contribuiscono a favorire la sostenibilità e ad a ridurre disuguaglianze e povertà, secondo un circuito virtuoso che stimola l’efficienza per giungere all’equità.
Parleremo anche degli strumenti politici, economici e fiscali per contrastare lo spreco alimentare.
L’agricoltura subisce le conseguenze del cambiamento climatico, ma, al contempo, ne è responsabile, generando rilevanti quantità di gas clima-alteranti.
A livello nazionale ed internazionale, si riflette, dunque, sul possibile ruolo del settore agricolo nelle strategie di mitigazione e adattamento, guardando sia ai c.d. Paesi Sviluppati, sia a quelli in via di sviluppo.
La FAO ha sviluppato il concetto di “climate-smart agriculture” per accrescere in maniera sostenibile la produttività agricola e la resilienza alle pressioni ambientali, aiutando i coltivatori ad adattarsi al cambiamento climatico, riducendo altresì le emissioni di gas serra.
Come si possono ottenere tali risultati?
Numerosi sono gli studi e le ricerche sulla sostenibilità delle filiere agroalimentari legata alla distanza percorsa dalle produzioni agroalimentari, sia alla numerosità dei soggetti economici coinvolti.
Numerosi sono i modelli, dai GDO ai GAS, quali i pro e i contro?
Sembra che in Italia vangano sprecati mediamente 146 Kg di cibo all’anno per persona e oltre il 50% dello spreco avviene a livello domestico.
Le politiche di contrasto allo spreco alimentare, tra economica circolare ed economia sociale, contribuiscono a favorire la sostenibilità e ad a ridurre disuguaglianze e povertà, secondo un circuito virtuoso che stimola l’efficienza per giungere all’equità.
Parleremo anche degli strumenti politici, economici e fiscali per contrastare lo spreco alimentare.
Il Rating di Legalità è uno strumento introdotto nel 2012 per le imprese italiane, volto alla promozione e all’introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, valorizzando legalità, trasparenza e responsabilità sociale. Il Rating di Legalità rappresenta ormai anche un elemento reputazionale per l’impresa che voglia promuovere il proprio approccio virtuoso, oltre ad agevolare la concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e di accesso al credito bancario.
La leva fiscale può costituire un importante strumento per disincentivare comportamenti inquinanti e promuovere comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale. Un sistema impositivo “ideale” dovrebbe ergersi sul fondamentale principio del “chi inquina paga”. Il sistema fiscale italiano è pronto alla Rivoluzione green? I meccanismi impositivi e agevolativi vigenti sono efficaci? Quanta strada occorre ancora percorre? Quali strumenti fiscali potrebbero rafforzare il Recovery Plan?
Gli investitori sembrano spingere sempre più affinché le imprese includano considerazioni ambientali, sociali e di governance nella propria gestione dei rischi, sullo sfondo del diffuso riconoscimento della necessità di accelerare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Diventa fondamentale, quindi, che anche i modelli di corporate governance siano plasmati e orientati in funzione di una creazione di valore a lungo termine, al fine di raggiungere una vera sostenibilità d’impresa. Gli attuali modelli sono adeguati alla sfida?
La tassazione ambientale è uno degli strumenti per internalizzare le diseconomie generate dalle esternalità negative ambientali, reperendo le risorse necessarie a finanziare le politiche nazionali per il ripristino dei danni e per orientare le scelte dei contribuenti.
Cosa si intende per tributo ambientale?
La definizione invalsa in ambito europeo richiede che si tratti di un prelievo correlato ad attività che abbiano manifesti effetti negativi sull’ambiente.
Quali sono i tributi ambientali nella disciplina italiana? Rispecchiano la definizione europea?
Il Rating di Legalità è uno strumento introdotto nel 2012 per le imprese italiane, volto alla promozione e all’introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, valorizzando legalità, trasparenza e responsabilità sociale. Il Rating di Legalità rappresenta ormai anche un elemento reputazionale per l’impresa che voglia promuovere il proprio approccio virtuoso, oltre ad agevolare la concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e di accesso al credito bancario.
La leva fiscale può costituire un importante strumento per disincentivare comportamenti inquinanti e promuovere comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale. Un sistema impositivo “ideale” dovrebbe ergersi sul fondamentale principio del “chi inquina paga”. Il sistema fiscale italiano è pronto alla Rivoluzione green? I meccanismi impositivi e agevolativi vigenti sono efficaci? Quanta strada occorre ancora percorre? Quali strumenti fiscali potrebbero rafforzare il Recovery Plan?
Gli investitori sembrano spingere sempre più affinché le imprese includano considerazioni ambientali, sociali e di governance nella propria gestione dei rischi, sullo sfondo del diffuso riconoscimento della necessità di accelerare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Diventa fondamentale, quindi, che anche i modelli di corporate governance siano plasmati e orientati in funzione di una creazione di valore a lungo termine, al fine di raggiungere una vera sostenibilità d’impresa. Gli attuali modelli sono adeguati alla sfida?
La tassazione ambientale è uno degli strumenti per internalizzare le diseconomie generate dalle esternalità negative ambientali, reperendo le risorse necessarie a finanziare le politiche nazionali per il ripristino dei danni e per orientare le scelte dei contribuenti.
Cosa si intende per tributo ambientale?
La definizione invalsa in ambito europeo richiede che si tratti di un prelievo correlato ad attività che abbiano manifesti effetti negativi sull’ambiente.
Quali sono i tributi ambientali nella disciplina italiana? Rispecchiano la definizione europea?
L’Unione Europea ha proibito l’uso della plastica monouso a partire dal 1° luglio 2021:sSe esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, saranno esclusi dal mercato i prodotti di plastica monouso come le posate, i piatti e le cannucce. Per altri tipi di prodotto, se ne limiterà l’uso riducendo il consumo a livello nazionale; introducendo prescrizioni in materia di progettazione e etichettatura; e imponendo obblighi di smaltimento e bonifica per i produttori.
E in Italia a che punto siamo?
La definizione di industrie culturali e creative (ICC) ha confini mobili: risente dell’evanescente definizione di cultura e del suo relativismo anche a livello geografico. Non a caso, mentre nell’Europa centrale e meridionale permane un modello di impresa culturale tradizionale, legata al patrimonio culturale, nell’Europea settentrionale ha da tempo sviluppato un modello legato a settori culturali più moderni, altamente tecnologizzati.
In Italia, il Rapporto 2012 sull’industria culturale ha dimostrato che la filiera culturale crea occupazione e produce ricchezza, ma si tratta ancora di una potenzialità in gran parte inespressa, che potrebbe contribuire a favorire il rilancio economico.
Nel Libro Verde della Commissione Europea del 2001, la CSR (Corporate Social Responsibility – in italiano RSI Responsabilità Sociale d’Impresa) è definita come: “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”.
La relativa politica aziendale deve, dunque, saper conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, in prospettiva di garantire la sostenibilità di lungo periodo. Quali sono vantaggi e svantaggi per l’impresa che adotta tale modello?
L’Unione Europea ha proibito l’uso della plastica monouso a partire dal 1° luglio 2021:sSe esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, saranno esclusi dal mercato i prodotti di plastica monouso come le posate, i piatti e le cannucce. Per altri tipi di prodotto, se ne limiterà l’uso riducendo il consumo a livello nazionale; introducendo prescrizioni in materia di progettazione e etichettatura; e imponendo obblighi di smaltimento e bonifica per i produttori.
E in Italia a che punto siamo?
Nel parleremo il 10 settembre.
La definizione di industrie culturali e creative (ICC) ha confini mobili: risente dell’evanescente definizione di cultura e del suo relativismo anche a livello geografico. Non a caso, mentre nell’Europa centrale e meridionale permane un modello di impresa culturale tradizionale, legata al patrimonio culturale, nell’Europea settentrionale ha da tempo sviluppato un modello legato a settori culturali più moderni, altamente tecnologizzati.
In Italia, il Rapporto 2012 sull’industria culturale ha dimostrato che la filiera culturale crea occupazione e produce ricchezza, ma si tratta ancora di una potenzialità in gran parte inespressa, che potrebbe contribuire a favorire il rilancio economico.
Proveremo a delineare prospettive e scenari di valorizzazione delle ICC il 10 settembre.
Nel Libro Verde della Commissione Europea del 2001, la CSR (Corporate Social Responsibility – in italiano RSI Responsabilità Sociale d’Impresa) è definita come: “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”.
La relativa politica aziendale deve, dunque, saper conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, in prospettiva di garantire la sostenibilità di lungo periodo. Quali sono vantaggi e svantaggi per l’impresa che adotta tale modello?
Ne parleremo il 10 settembre.
Sotto l’alto patrocinio del Parlamento europeo
Con il patrocinio di:
In collaborazione con:
Con il contributo di:
Organizzazione e Promozione:
Media Partner:
Sotto l’alto patrocinio del Parlamento europeo
Con il patrocinio di:
In collaborazione con:
Con il contributo di:
Organizzazione e Promozione:
Media Partner: